“…com’è accaduto che, con la nostra tanto decantata intelligenza superiore, siamo diventati una specie talmente poco portata alla sopravvivenza? (…) Se questi istinti ci spingeranno ad aspettare finche sarà troppo tardi, saranno una maledizione. Se fortificheranno la nostra capacità di resistere nonostante i presagi sempre piú funesti, saranno una benedizione. Piú di una volta, speranze folli e ostinate hanno ispirato mosse creative capaci di strappare le persone alla rovina. Tentiamo allora un esperimento creativo: immaginiamo che il peggio sia accaduto. L’estinzione degli umani è un fatto compiuto. Non a causa di una calamità naturale, della collisione con un asteroide o di un’altra catastrofe capace di radere al suolo anche tutto il resto lasciando ciò che rimane in uno stato radicalmente alterato e impoverito. E neppure a causa di qualche cupo ecoscenario in cui ci spegniamo in una lenta agonia, trascinando nel frattempo con noi molte altre specie. Immaginiamo invece un mondo in cui tutti noi, e solo noi, scompariamo all’improvviso. Domani. Forse è inverosimile, ma a titolo esemplificativo non impossibile. (…). Guardatevi intorno, nel mondo d’oggi. La vostra casa, la vostra città. Il terreno circostante, con il manto stradale e il suolo nascosto al disotto. Lasciate tutto com’è, ma togliete gli esseri umani. Cancellateci, e osservate ciò che rimane. Come reagirebbe il resto della natura se all’improvviso si trovasse sollevata dall’incessante pressione che esercitiamo su di essa e sugli altri organismi? Quanto ci vorrebbe prima che il clima ritorni quello che era prima che accendessimo tutti i nostri motori? E potrebbe davvero tornare quello che era?”
da Il mondo senza di noi di Alan Weisman
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